Il 51% delle imprese estere che hanno investito in Italia ha la sede principale in Lombardia mentre il 35% delle imprese lombarde, la percentuale più alta in Italia, ha delle partecipazioni in iniziative economiche straniere.
Il legame tra impresa lombarda, e bergamasca insieme, e quella internazionale, forte e consolidato nei decenni, oggi rischia però di essere messo a repentaglio dalla mancanza di un piano economico nazionale di attrattività, in grado di richiamare seri investimenti esteri nel Paese.
Bergamo con la valigia
L'allarme è stato lanciato ieri a Milano da Confindustria Lombardia alla presentazione dei dati sugli investimenti greenfield, nuovi progetti di sviluppo realizzati nel 2010 da multinazionali estere in Lombardia e da imprenditori lombardi nel mondo.
Dai dati emerge che la Bergamasca ha un grado di multinazionalizzazione attiva, fatta dagli imprenditori bergamaschi che vanno all'estero a investire, superiore alla media regionale, che è 40,9%. Bergamo è al 44,1% e le imprese bergamasche hanno quasi un dipendente all'estero ogni due interni. Proprio per numero di dipendenti delle partecipate estere, oltre 66 mila, Bergamo prevale sule province lombarde, subito dopo Milano, mentre Brescia ci supera per numero e fatturato delle imprese partecipate.
Investimenti stranieri in calo
Le aziende bergamasche che hanno deciso di investire all'estero sono aumentate del 12,5% negli ultimi 5 anni, mantenendo il terzo posto in Lombardia dopo Milano e Brescia. «Con la crisi economica le imprese lombarde non si sono fermate», ha detto Marco Mutinelli, relatore della ricerca: «Hanno reagito cercando all'estero il modo per continuare a crescere».
La maggioranza delle nostre partecipazioni estere si concentra nel manifatturiero e nel commerciale ad esso legato. Viceversa per gli investimenti delle multinazionali nella Bergamasca ci collochiamo al terzo posto in regione con 172 imprese partecipate da capitali esteri, in maggioranza tedeschi, ma saliamo al secondo, sopra Monza e Brescia, se si fa riferimento al solo comparto manifatturiero.
Mentre però gli investimenti all'estero dei lombardi (per l'83% si tratta di Pmi), continuano a crescere (più 2,8%), gli investimenti stranieri nella nostra regione calano del 5,3% confermando il trend degli ultimi anni. A Bergamo il dato più rilevante è il calo del personale (meno 20%, pari a 4 mila addetti in meno) nel manifatturiero a partecipazione straniera a fronte di un aumento nel commerciale e servizi (in tutto 600 addetti in più).
Le indicazioni di Barcella«Le multinazionali straniere contribuiscono per il 7% circa al Pil nazionale», ha detto Giuseppe Recchi, del comitato investitori esteri Confindustria: «Riuscire a far venire investitori in Italia ha un peso in denaro pari quasi ad una manovra economica. Se l'Italia dorme, se continua cioè a non creare una strategia Paese a lungo termine occupandosi di gestire solo problematiche locali, saremo presto marginali nell'economia globale».
I dati europei sembrano dargli ragione. Tra il 2005 e il 2010 infatti, a fronte di 344 nuovi progetti d'investimento in Lombardia, l'Île-de-France ne conta 1.147 e il South East (Inghilterra) 2.243. «Siamo ancora troppo legati a concetti vecchi di Stato», ha detto Alberto Barcella, presidente di Confindustria Lombardia: «Mi preoccupano rivalutazioni di visioni stataliste. Serve che il Governo maturi una visione economica globale. Togliere burocrazia, fare una riforma fiscale e della giustizia, per avere maggior certezza sui tempi e sentenze nei processi, sono l'unico modo per tornare ad attrarre investimenti stranieri».
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