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lunedì 16 gennaio 2012

Istat:nell'industria gli eco-investimenti sono il 3,8% del totale, scarsi nel settore rifiuti

Gli investimenti per la protezione dell'ambiente dell'industria italiana rappresentano il 3,8 per cento del totale degli investimenti lordi fissi realizzati e sono particolarmente scarsi nel settore rifiuti.
Lo sottolinea l'Istat che, nel suo rapporto "Gli investimenti per la protezione dell'ambiente delle Imprese Industriali", rileva come nel 2008 la spesa complessiva per investimenti ambientali delle imprese dell'industria in senso stretto sia risultata pari a 1.853 milioni di euro, di cui 1.464 milioni per gli investimenti in impianti ed attrezzature di tipo end-of-pipe e 389 milioni di euro per quelli in impianti ed attrezzature a tecnologia integrata.

Inoltre, gli investimenti per la protezione dell'ambiente per addetto sono risultati, in media, pari a 407 euro. Anche nel 2008. osserva l'Istat, gli investimenti end-of-pipe continuano a rappresentare la componente più rilevante degli investimenti per la protezione dell'ambiente, con un'incidenza del 79 per cento sul totale, a fronte di un 21 per cento relativo agli investimenti integrati, costituiti da investimenti ambientali collegati a tecnologie più avanzate.

Il quadro statistico del 2008 conferma che le imprese industriali realizzano prevalentemente investimenti atti a rimuovere l'inquinamento dopo che questo è stato prodotto, piuttosto che integrare i propri impianti con tecnologie più "pulite", che contribuiscono a rimuovere alla fonte l'inquinamento generato dal processo produttivo.
La spesa ambientale è poi concentrata (43,1 per cento) in interventi di protezione e recupero del suolo, protezione delle acque di falda, abbattimento del rumore, protezione delle radiazioni. Gli investimenti per la protezione del clima e la qualità dell' aria rappresentano invece il 24 per cento del totale, mentre l' Istat registra una bassa incidenza per la realizzazione di impianti e attrezzature per la gestione dei rifiuti (13 per cento).


sabato 20 agosto 2011

La ritirata delle industrie estere: persi 4mila posti

Il 51% delle imprese estere che hanno investito in Italia ha la sede principale in Lombardia mentre il 35% delle imprese lombarde, la percentuale più alta in Italia, ha delle partecipazioni in iniziative economiche straniere.
Il legame tra impresa lombarda, e bergamasca insieme, e quella internazionale, forte e consolidato nei decenni, oggi rischia però di essere messo a repentaglio dalla mancanza di un piano economico nazionale di attrattività, in grado di richiamare seri investimenti esteri nel Paese.
Bergamo con la valigia
L'allarme è stato lanciato ieri a Milano da Confindustria Lombardia alla presentazione dei dati sugli investimenti greenfield, nuovi progetti di sviluppo realizzati nel 2010 da multinazionali estere in Lombardia e da imprenditori lombardi nel mondo.
Dai dati emerge che la Bergamasca ha un grado di multinazionalizzazione attiva, fatta dagli imprenditori bergamaschi che vanno all'estero a investire, superiore alla media regionale, che è 40,9%. Bergamo è al 44,1% e le imprese bergamasche hanno quasi un dipendente all'estero ogni due interni. Proprio per numero di dipendenti delle partecipate estere, oltre 66 mila, Bergamo prevale sule province lombarde, subito dopo Milano, mentre Brescia ci supera per numero e fatturato delle imprese partecipate.
Investimenti stranieri in calo
Le aziende bergamasche che hanno deciso di investire all'estero sono aumentate del 12,5% negli ultimi 5 anni, mantenendo il terzo posto in Lombardia dopo Milano e Brescia. «Con la crisi economica le imprese lombarde non si sono fermate», ha detto Marco Mutinelli, relatore della ricerca: «Hanno reagito cercando all'estero il modo per continuare a crescere».
La maggioranza delle nostre partecipazioni estere si concentra nel manifatturiero e nel commerciale ad esso legato. Viceversa per gli investimenti delle multinazionali nella Bergamasca ci collochiamo al terzo posto in regione con 172 imprese partecipate da capitali esteri, in maggioranza tedeschi, ma saliamo al secondo, sopra Monza e Brescia, se si fa riferimento al solo comparto manifatturiero.
Mentre però gli investimenti all'estero dei lombardi (per l'83% si tratta di Pmi), continuano a crescere (più 2,8%), gli investimenti stranieri nella nostra regione calano del 5,3% confermando il trend degli ultimi anni. A Bergamo il dato più rilevante è il calo del personale (meno 20%, pari a 4 mila addetti in meno) nel manifatturiero a partecipazione straniera a fronte di un aumento nel commerciale e servizi (in tutto 600 addetti in più).
Le indicazioni di Barcella
«Le multinazionali straniere contribuiscono per il 7% circa al Pil nazionale», ha detto Giuseppe Recchi, del comitato investitori esteri Confindustria: «Riuscire a far venire investitori in Italia ha un peso in denaro pari quasi ad una manovra economica. Se l'Italia dorme, se continua cioè a non creare una strategia Paese a lungo termine occupandosi di gestire solo problematiche locali, saremo presto marginali nell'economia globale».
I dati europei sembrano dargli ragione. Tra il 2005 e il 2010 infatti, a fronte di 344 nuovi progetti d'investimento in Lombardia, l'Île-de-France ne conta 1.147 e il South East (Inghilterra) 2.243. «Siamo ancora troppo legati a concetti vecchi di Stato», ha detto Alberto Barcella, presidente di Confindustria Lombardia: «Mi preoccupano rivalutazioni di visioni stataliste. Serve che il Governo maturi una visione economica globale. Togliere burocrazia, fare una riforma fiscale e della giustizia, per avere maggior certezza sui tempi e sentenze nei processi, sono l'unico modo per tornare ad attrarre investimenti stranieri».







Fonte

domenica 19 giugno 2011

Istat: nell'industria gli eco-investimenti sono il 3,8% del totale, scarsi nel settore rifiuti


Gli investimenti per la protezione dell'ambiente dell'industria italiana rappresentano il 3,8 per cento del totale degli investimenti lordi fissi realizzati e sono particolarmente scarsi nel settore rifiuti.


Lo sottolinea l'Istat che, nel suo rapporto "Gli investimenti per la protezione dell'ambiente delle Imprese Industriali", rileva come nel 2008 la spesa complessiva per investimenti ambientali delle imprese dell'industria in senso stretto sia risultata pari a 1.853 milioni di euro, di cui 1.464 milioni per gli investimenti in impianti ed attrezzature di tipo end-of-pipe e 389 milioni di euro per quelli in impianti ed attrezzature a tecnologia integrata.

Inoltre, gli investimenti per la protezione dell'ambiente per addetto sono risultati, in media, pari a 407 euro. Anche nel 2008. osserva l'Istat, gli investimenti end-of-pipe continuano a rappresentare la componente più rilevante degli investimenti per la protezione dell'ambiente, con un'incidenza del 79 per cento sul totale, a fronte di un 21 per cento relativo agli investimenti integrati, costituiti da investimenti ambientali collegati a tecnologie più avanzate.

Il quadro statistico del 2008 conferma che le imprese industriali realizzano prevalentemente investimenti atti a rimuovere l'inquinamento dopo che questo è stato prodotto, piuttosto che integrare i propri impianti con tecnologie più "pulite", che contribuiscono a rimuovere alla fonte l'inquinamento generato dal processo produttivo.

La spesa ambientale è poi concentrata (43,1 per cento) in interventi di protezione e recupero del suolo, protezione delle acque di falda, abbattimento del rumore, protezione delle radiazioni. Gli investimenti per la protezione del clima e la qualità dell' aria rappresentano invece il 24 per cento del totale, mentre l' Istat registra una bassa incidenza per la realizzazione di impianti e attrezzature per la gestione dei rifiuti (13 per cento).


Crescono gli investimenti nelle eco energie

Come proprio nelle ultime ore daBloomberg News, il gruppo Ernst & Young qualche tempo fa avrebbe condotto uno studio dal quale sarebbe emersa la convinzione che, già a partire dal prossimo 2011, gli investimenti in tecnologie pulite da sfruttare soprattutto nel comparto delle auto elettriche, subiranno una consistente accelerazione in grado di supportare lo sviluppo complessivo delle energie rinnovabili su fronte internazionale.
La notizia sembra dare, quindi, ottimi margini di movimento a tutte le aziende che operano nel settore, in quanto in base a quanto stabilito dalla Ernst e Young, oltre che per mano di aziende private e di privati cittadini, l’accelerazione degli investimenti eco-energetici verrà alimentato anche e soprattutto grazie ad investimenti messi in opera da alcuni leader pubblici , ed in particolare da Cina e Regno Unito.
Le rinnovabili sembrano divenire, quindi, una vera e propri fonte di guadagno costante, difatti sono numerosi anche gli investimenti supportati da Paesi emergenti come il Brasile, che continuano a puntare su un’economia a basso livello di inquinamento.
Un’ottima notizia che rincuora non poco cittadini e ambientalisti di tutto il mondo, difatti come sottolineato dalla Ernst & Young, il vero punto di svolta si avrà soprattutto grazie ai continui investimenti governativi in ambito delle tecnologie pulite, asserendo però al contempo che anche a livello imprenditoriale c’è un’accelerazione delle attività di investimento e di acquisizione delle medesime conoscenze in ambito eco-energetico.
In ogni caso, però, la società non ha voluto annunciare alcuna previsione rispetto ai numeri effettivi che si potrebbero registrare nei prossimi anni.

venerdì 18 marzo 2011

Business fotovoltaico a rischio Eco-investimenti per 6,5 mld

Allarme sugli investimenti nelle centrali a fonti rinnovabili, soprattutto nel segmento dell'energia fotovoltaica. Mentre si parla di un "rischio bolla" per il peso che la corsa agli incentivi all'ecoenergia avrà sulla bolletta elettrica di tutti i consumatori, gli investitori frenano dopo le tre sentenze della Corte costituzionale sulle norme regionali che rendevano più semplice l'iter di autorizzazione delle centrali solari. L'Anie (la federazione confindustriale dell'industria elettrica ed elettronica) è in allarme: queste incertezze hanno spinto molte banche a congelare i finanziamenti.

Le dimensioni del mercato sono importanti. Secondo la ricerca «Energia rinnovabile» che il centro studi milanese Althesys presenta nell'ambito del progetto Irex, e che Il Sole 24 Ore può anticipare, negli ultimi due anni le società dell'energia "verde" hanno condotto 389 operazioni industriali e investimenti. «Questi investimenti, indotti dagli incentivi più appetitosi al mondo (dopo che Spagna e Germania li hanno ridotti), hanno posto l'Italia in testa per attrattività e come tasso di crescita nel segmento dell'energia pulita – osserva Alessandro Marangoni, docente alla Bocconi e coordinatore del gruppo di ricerca dell'Althesys – con impegni per 6,5 miliardi di euro che hanno portato 4.127 megawatt di nuovi impianti».

I segnali fanno presagire un blocco degli investimenti. Un indicatore viene dalle sentenze 119, 120 e 124 della Corte costituzionale (si veda Il Sole 24 Ore del 27 marzo) nelle quali sono state dichiarate incostituzionali le leggi regionali con cui Puglia e Calabria facilitavano le autorizzazioni. «In Puglia le banche hanno già da qualche settimana sospeso le pratiche di finanziamento per quei progetti per i quali era prevista solamente la denuncia di inizio attività (Dia)», afferma l'Anie. «Rischia di essere danneggiato l'intero sviluppo del mercato, mettendo in serio pericolo i 17mila posti di lavoro creati finora».

Secondo Andrea Gemme, presidente dell'Associazione energia dell'Anie, «l'industria fotovoltaica ha già pianificato per il solo 2010 oltre 2,5 miliardi di euro di investimenti che porterebbero alla creazione di almeno 3mila nuovi posti di lavoro lungo tutta la filiera. Investimenti che a causa dei pronunciamenti della Consulta saranno rallentati, se non bloccati». Altri motivi di freno vengono dall'incertezza sui futuri incentivi (di sicuro più bassi) e dal fatto che non ci sono ancora le linee guida nazionali sugli impianti fotovoltaici attese dal 2003.

Conferma lo studio Althesys che «in sintesi, è necessaria una politica industriale di ampio respiro che deve riguardare i processi autorizzativi e la pianificazione territoriale, i sistemi di incentivazione, le infrastrutture di rete, le misure per favorire il consolidamento delle imprese; la promozione e il coordinamento della ricerca». Qualche giorno fa Paride De Masi – coordinatore energia rinnovabile in Confindustria – sottolineava che «sarebbe un vero peccato rinunciare agli oltre 250mila nuovi posti di lavoro e ai circa 100 miliardi di euro d'investimenti che, secondo uno studio Bocconi e Gse, si realizzerebbero entro il 2020».

Tuttavia la corsa agli impianti indotta dai sussidi – avvertiva Luciano Barra, del ministero dello Sviluppo economico – inonda le regioni di richieste di autorizzazione intasando gli iter autorizzativi. Oggi ci sono domande per allacciare alla rete elettrica 75mila megawatt di impianti eolici e 10mila megawatt fotovoltaici.

Secondo i calcoli dell'Enea, l'entità complessiva dell'incentivazione in futuro dovrebbe aggirarsi sui 3,5 miliardi l'anno, e per Arrigo Burello, vicepresidente dell'Assolterm e presidente del Cisert, i sussidi sono sbilanciati a favore del fotovoltaico quando si potrebbe aiutare un maggiore ricorso all'energia pulita ricavata dai pannelli solari termici (quelli che producono acqua calda e non elettricità), con un risparmio notevole sulle bollette degli italiani.



Fonte

venerdì 28 gennaio 2011

IL SENATO APPROVA I RENEWABLE ENERGY TAX INCENTIVES

Un importante segnale per le energie rinnovabili arriva dal Senato americano, con l’approvazione del Renewable Energy Tax Incentives che garantisce, qualora la norma fosse approvata anche dal Parlamento e poi dal presidente Obama, l’estensione alle industrie che producono bioetanolo dei sussidi economici per la generazione di energia da fonte rinnovabile. La quantità di fondi raccolti grazie a questa tassa potrebbe raggiungere gli 858 miliardi di dollari grazie ai quali eolico, fotovoltaico, solare e le altre fonti alternative potrebbero beneficiare di sovvenzioni federali per lo sviluppo e la gestione di nuovi impianti, con un valore  di imposta pari al 30% del valore del progetto.  La decisione approvata in Senato, inclusa nel pacchetto di stimolo del 2009 in sostegno al mercato statunitense delle rinnovabili, permetterebbe di rimettere in moto un settore ancora colpito dalla crisi economica globale e in cui gli investimenti procedono a rilento. 

“L’estensione del regime di sostegno al fotovoltaico permetterà all’industria di rimanere uno dei settori in più rapida crescita negli Stati Uniti, meritevoli di aver creato migliaia di posti di lavoro su tutto il territorio” ha commentato dopo l’approvazione il portavoce della Solar Energy Industries Association, ribadendo la necessità che anche il Parlamento proceda tempestivamente all’approvazione della manovra per poi inviarla, in ultima istanza, al presidente Obama, cui spetta l’ultima parola.  L’iniziativa di legge prevede, ad esempio, che per le industrie di bioetanolo sia resa disponibile una sovvenzione economica nell’ordine dei 45 centesimi di dollaro per gallone prodotto e miscelato.
 

lunedì 6 dicembre 2010

INVESTIMENTI NELLE RINNOVABILI:LA CINA BATTE GLI USA

La corsa allo sviluppo della Repubblica Popolare cinese ha dato i suoi frutti e per la prima volta nella storia degli investimenti nelle energie low carbon il gigante asiatico si trova in una posizione di vantaggio rispetto agli Stati Uniti .
Nell'anno passato Pechino ha investito 34,6 miliardi dollari nell'economia delle rinnovabili contro i 18,6 miliardi degli Usa che si aggiudicano così il secondo posto nella classifica globale dell'organizzazione. Questo scavalcamento per Phillis Cuttino (Direttore della campagna Global Worming dell'Ong ) è da attribuire ad una mancanza di forti politiche statunitensi a sostegno alle energie verdi, carenti in sistemi di incentivazione ad hoc basati sui premi alla produzione e di una legislazione nazionale sul clima che fissi uno standard energetico nazionale.
Nel complesso, gli investimenti nel settore sono diminuiti di circa il 6,6 per cento nel 2009 in tutto il mondo a causa della recessione , segnando i 162 miliardi dollari, ma si tratterebbe di una tendenza provvisoria e già per il 2010 si dovrebbe parlare di una risalita a 200 miliardi di dollari. A rendere particolarmente attraente la Cina la scelta del governo di adottare dei target nazionali per l' energia rinnovabile, compresi i mandati per 30GW sia che dall'eolico che dalle biomasse entro il 2020, e la realizzazione di un feed-in-tariff per i progetti di sfruttamento del vento e si appresta a lanciare misure simili nel campo del fotovoltaico . Per adesso, spiega il rapporto il Paese Stelle e Strisce , deve accontentarsi di mantenere un vantaggio marginale sul totale della capacità installata, con 53,4 GW ma, secondo gli analisti, se le tendenze attuali continuassero, sarà questione di pochi mesi prima che venga sorpassata anche in questo campo dalla Repubblica Popolare già a quota 52,5 GW.
Seguono i capofila, la Gran Bretagna con 11,2 miliardi di dollari , e la Spagna con 10,4 miliardi , ossia tutti i Paesi con forti quadri politici a livello nazionale e dentro al mercato del carbonio. Discorso diverso invece per il tasso di incremento che incorona prima la Turchia con un ottimo più 178%, seguita da Brasile(+148%), Cina (+148%), Gran Bretagna (+127). ""Anche nel bel mezzo di una recessione globale, il mercato per l'energia pulita ha registrato una crescita impressionante""<ha continuato Cuttino. I Paesi stanno gareggiando per la leadership.
SANNO CHE INVESTIRE NELL'ENERGIA PULITA DA LA POSSIBILITA' DI RINNOVARE LA BASI DI PRODUZIONE E CREARE OPPORTUNITA' DI EXPORT, POSTI DI LAVORO E BUSINESS.
PER IL "BEL PAESE" LA SITUAZIONE NON RISERVA GRANDI SORPRESE:CON I SUOI 9,8GW DI CAPACITA' RINNOVABILE E I 2,6 MILIARDI DI DOLLARI INVESTITI SI AGGIUDICA IL NONO POSTO NELLA CLASSIFICA GENERALE PUR DIMSTRANDO NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI UN TASSO DI CRESCITA DEGLI STESSI INVESTIMENTI DEL 110%.

domenica 28 novembre 2010

Istat: meno eco-investimenti per le industrie, in aumento spesa per gestione rifiuti

Calano gli investimenti in ambiente delle industrie italiane e si continuano a realizzare prevalentemente investimenti atti a rimuovere l'inquinamento dopo che questo è stato prodotto, anzichè utilizzare tecnologie pulite atte a rimuovere alla fonte l'inquinamento generato dal processo produttivo.
Questi alcuni dati contenuti nel rapporto pubblicato nelle settimane scorse dall' Istat, "Gli investimenti delle imprese industriali per l' ambiente", riferito all' anno 2007. Secondo l'Istituto di statistica, nel 2007 la spesa complessiva per investimenti ambientali delle imprese dell'industria in senso stretto è risultata pari a 1.838 milioni di euro, in calo del 7,4 per cento rispetto al 2006 (1.986 milioni di euro).
La diminuzione è interamente imputabile alla forte caduta degli investimenti in impianti ed attrezzature a tecnologia integrata (-31,3 per cento rispetto al 2006), a fronte di un aumento del 6,4 per cento di quelli in impianti ed attrezzature di tipo end-of-pipe. Chi ha aumentato di più gli investimenti in ambiente sono state le piccole e medie imprese. In un anno hanno fatto salire infatti gli eco-investimenti del 30,1 per cento, mentre la grande industria li ha diminuiti del 14,7 per cento. Tra il 2006 e il 2007 la composizione degli investimenti per settore ambientale ha registrato un forte calo dell'incidenza di quelli per la protezione dell'aria e del clima, mentre è aumentato in misura significativa il peso relativo delle spese per la gestione dei rifiuti.
L'Istat rileva, infatti, un peso crescente per la spesa per la realizzazione di impianti ed attrezzature per la gestione dei rifiuti, che arriva al 15,3 per cento rispetto al 9,1 per cento dell' anno precedente. I settori manifatturieri che presentano le quote più consistenti di investimenti ambientali sono la metallurgia e la fabbricazione di prodotti in metallo (20,3 per cento), la fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (19,6 per cento) e la fabbricazione di coke, raffinerie di petrolio e trattamento di combustibili nucleari (18,2 per cento).